Padova Gastronomica. Sapori granata, l’avvocato gastronomico ANDREA CRISCUOLO consiglia…
La Salernitana e’impegnata sabato il 2 Febbraio in una difficile trasferta in territorio veneto:i granata sono di scena sul campo del Padova, stadio Euganeo (via Nereo Rocco n.60, 10.000 spettatori),per una sfida d’alta quota contro la squadra grintosa guidata da mister Bisoli
L’avvocato gastronomico Andrea Criscuolo, prima di andare a tifare per la nostra squadra, Vi consiglia di gustare le bonta’ enogastronomiche del territorio padovano, presso
TRATTORIA AL FUNGO
via Ugo Bassi 22 | zona fiera-università, 35131, Padova, Italia
049 650645
Tipica cucina padovana
In particolare, da provare
Antipasto della casa
Tagliatelle in brodo d’anatra
Strozzapreti con funghi
Carpaccio di manzo
Baccala’
Polenta ed osei
Oca
Guancette di maiale
Dolce della casa
Vino locale doc
Padova gastronomica
Padova ha una lunghissima tradizione enogastronomica che trova espressione nell’utilizzo dei prodotti freschi del territorio in moltissime preparazioni tipiche e tradizionali. Ovviamente la fantasia e l’esperienza di artigiani e ristoratori consentono di poterne gustare numerosissime varianti, come di trovare nei menu, nei negozi, sui banchi dei mercati anche altri prodotti di lunghissima storia, consumati da generazioni nelle case contadine come in città.
Un viaggio a Padova è anche un percorso di scoperta di questa storia, che si rinnova ogni giorno, e cui vengono continuamente aggiunti nuovi capitoli.
Cominciamo dai “bìgoli” il più tipico dei primi piatti, insieme al risotto. Alcune preparazioni tipiche del risotto padovano sono disponibili tra le ricette.
Bìgoli – bìgoi
Pasta alimentare tipo spaghetti freschi di grosse dimensioni prodotti con farina, uova, acqua e sale. Nella variante “bigoli mori” o “bigoi neri” si usa farina integrale o nero di seppia. Ottenuti dall’impasto della farina con uova, acqua e sale, passati per uno strumento chiamato bigolaro (torchio) che restituisce bigoli (spaghetti) di circa 25-30 cm di lunghezza e con un diametro non inferire ai 2,5 mm; vanno tenuti a riposo su di un tavolo cosparso di farina di mais, hanno una durata di 3- 4 giorni. Prodotto di tradizione contadina in uso fin dai tempi della Serenissima Repubblica di Venezia.
La Gallina Padovana è famosa nel Mondo fin dal 1600 quando furono definite di razza “Padovana” tutte le galline col ciuffo. In realtà l’origine della Padovana è probabilmente diversa. Nel 1300 Giacomo Dondi Dell’Orologio, in visita in Polonia, prende alcune galline da portare a Padova come animale ornamentale. La qualità delle sue carni, più scure di quelle del pollo tradizionale, delicate e gustose, oltre all’eleganza delle sue zampe grigio antracite, alla particolarità del morbido e folto ciuffo di piume che la contraddistingue, fecero crescere la sua diffusione e l’esportazione in Olanda e Francia. L’incrocio con razze locali ha dato così origine alla tipicità e all’unicità della Padovana rispetto alla progenitrice polacca e alle derivate. La sua diffusione era andata diminuendo progressivamente dal 1700 fino a ridursi a pochi esemplari allevati perlopiù a scopi decorativi. Il locale Istituto agrario “San Benedetto da Norcia” ne conservava alcuni esemplari che sono stati studiati e diffusi negli ultimi 15 anni in collaborazione con l’associazione “Pro avibus nostris”. La Gallina Padovana è allevata rigorosamente a terra in spazi adeguati e alimentata con granaglie, integrate per l’ultimo periodo con latte e miele.
Con la Gallina Padovana tutta la produzione avicola è base per la cucina locale. La cosiddetta “Corte Padovana” riconosciuta dal Ministero comprende dalla “sorella”, la Gallina Polverara, all’oca (un tempo di penne grigie, ora perlopiù bianca), all’anatra, alla faraona, al cappone, al galletto nano (pepoa), al pollo, alla gallina collo nudo, per allargarsi ai piccioni “Torresani” di Torreglia o all’ancora poco diffuso tacchino dei Colli Euganei.
Tradizionalmente allevato nei cortili è anche il coniglio, diffusissimo in tutte le campagne venete e anche sulle tavole padovane.
Oca in onto padovana
Carne di oca disossata, salata e conservata nel grasso dell’oca stessa, o del maiale o nell’olio.
All’oca macellata vengono tolte le carni in pezzi interi, levate le ossa e la pelle, e poste per due giorni sotto sale, asciugate al fuoco del camino e riposte in contenitori di coccio smaltati, immerse a strati sovrapposti nel grasso fuso dell’oca stessa, o del maiale o con olio, in modo tale che non rimanga aria all’interno del coccio che viene chiuso ermeticamente; la carne va stagionata per almeno un mese prima del consumo. Una variante prevede la cottura in forno della carne, che poi viene preparata nei contenitori di coccio o vetro scuro come per la ricetta tradizionale. Ricetta di antica cucina tipica padovana, di origine ebrea, tramandata da generazioni.
Prosciutto di petto d’oca (Falso parsuto)
Prodotto nella Bassa Padovana composto di petti d’oca completi di pelle, sale, aromi naturali. I petti dell’oca vengono salati, aromatizzati e cuciti assieme a due a due, pressati per alcuni giorni e successivamente affumicati e stagionati per circa 3 mesi. La produzione è attiva fin dal XIX secolo e deriva da piatti di cucina padovana di origine ebrea.
Sfilacci di cavallo
Vengono preparati con sola carne di cavallo e sale. Le carni vengono siringate, quindi lasciate a riposare in salamoia per 8 giorni. Vengono poi cotte a vapore e fumo, quindi sfilate a mano e confezionate sottovuoto oppure in atmosfera modificata.
Coscia affumicata di cavallo
La preparazione è analoga a quella degli sfilacci e l’origine, non troppo remota, si reputa risalire ai primi anni settanta.
Sopressa di cavallo
Insaccato di grandi dimensioni di carni scelte di cavallo 60%, suino 40%, sale e aromi naturali.
L’impasto viene ottenuto selezionando le varie carni con particolare cura, tritandole con coltelli a piastra a fori, opportunamente salate e pepate, impastate e insaccate utilizzando budello naturale di bovino di grandi dimensioni; il tutto viene legato a mano e posto in cella di asciugatura su appositi carrelli, conservato in apposite celle con temperatura, umidità e ventilazione controllate, e appeso a rastrelliere. Nella produzione contadina l’asciugatura avviene in locali debolmente riscaldati e la stagionatura in tradizionali granai aerati dove l’insaccato viene appeso alle travi o su apposite “stanghe” (pali appesi al soffitto).
Carne di Musso (asino)
In molte famiglie, trattorie e ristoranti della città e della provincia di Padova è comune l’uso della carne di asino in particolare cucinata in umido (spezzatino – musso in umido) o brasata; nel caso dello spezzatino va cotta, in più riprese, circa tre giorni, con aggiunta di pomodoro, salvia, rosmarino, alloro, sale, pepe, chiodi di garofano e cannella.
Tutti gli elaborati con carni di cavallo, puledro e asino fanno parte integrante della cucina tipica padovana, da tempo immemore. L’utilizzo e la preparazione delle carni equine ha avuto inizio utilizzando le carni degli animali uccisi (cavalli e asini da traino) nelle numerose battaglie medioevali particolarmente cruente nella pianura a sud e sud-est di Padova.
Se nei piatti di derivazione veneziana è sicuramente il pesce a farla da padrone, nella tradizione più tipicamente padovana sono le carni, non solo equine o della corte, ad essere le regine della tavola. Per l’antipasto o per uno spuntino non si possono dimenticare i salumi, tra cui spiccano il delizioso Prosciutto Veneto Berico-Euganeo Dop, realizzato nelle zone della Bassa Padovana e Bassa Vicentina, tutelato dall’omonimo Consorzio e i prodotti “nostrani padovani” riconosciuti dal Ministero delle Politiche Agricole quali “tradizionali” come il salame, la sopressa, (un grosso insaccato di carne macinata, simile ad un largo salame morbido, che viene servito affettato piuttosto spesso, sia crudo che cotto, a volte accompagnato da polenta), la luganega (salsiccia lunga e sottile che si cucina intera o a tocchetti), il coeghin (cotechino).
Non da meno sono i dolci, alcuni elaborati dai maestri pasticceri della città, altri di origine veneziana, altri legati alla tradizione contadina, molti legati alle celebrazioni per la festa di Sant’Antonio, ma ormai reperibili tutto l’anno.
All’estro dei pasticceri padovani si deve la realizzazione di “Pazientina” e “Pazientini“. La prima è una torta a strati (pasta bresciana, pan di spagna imbevuto di liquore, crema di zabajone) sormontata da larghi e sottili nastri di cioccolata. I secondi invece sono biscotti preparati con mandorle, nocciole, burro, senza uso di uova. Perfetti per essere conservati a lungo.
Dolci di origine veneziana, ma ampiamente diffusi anche nel padovano sono Zaéti e Crostoli. I zaéti sono comuni nelle osterie, come nelle pasticcerie, presso fornai e ristoratori. Qui assumono forme diverse, a volte rotonda, a volte quadrangolare. I crostoli invece si possono assaggiare solo nel periodo del carnevale e si trovano, con le frittelle tradizionali, di mele o di riso, un po’ in tutte le pasticcerie. La variante del “zaleto con le giuggiole” è invece una produzione tipica del padovano.
Zaléti
Tipico biscotto di origine veneziana, diffuso nella forma di losanga a punta, di 3-4 cm, cotto rustico, prodotto con farina di granoturco, zucchero, uova, uva passa, burro, farina 00, pinoli, sale, limone, lievito, spolverati con zucchero a velo. I “Zaletti” (in questo caso con lo zibibbo) vengono già citati nella commedia di Carlo Goldoni “La buona moglie” del 1749.
Galani (a Venezia), Crostoi (a Treviso)
Tipico dolce del carnevale, saporito e leggero, fragilissimo e vaporoso, con forme bizzarre, diffuso anche in tutto il territorio regionale. Il nome deriva da “galàn”, cioè nastro, nella versione veneziana e da “crosta” per la friabilità del dolce, nella denominazione padovana e trevigiana. Una versione della preparazione dei crostoli è disponibile tra le ricette.
Molto più semplici e poveri sono i dolci rustici e contadini, alcuni ampiamente diffusi e di produzione anche industriale, altri di produzione quasi esclusivamente domestica.
Fugassa padovana (focaccia)
Dolce tipico di cucina casalinga prodotto con lievito, farina, latte, uova, zucchero, burro, buccia di limone e sale. Gli ingredienti vengono amalgamati, lasciati a riposo e cotti in forno. Prodotto in tutta la provincia di Padova da tempo indefinibile.
Torta sgriesolóna o rosegòta o sbrisólona (Nota a Padova soprattutto come “Fregolòtta”)
Dolce da forno di forma rotonda, alto circa 1 cm, particolarmente duro e nel contempo friabile, prodotto con farina gries, mandorle sgusciate e tritate, burro, rosso d’uovo, zucchero, ricoperto con un foglio di pasta di mandorle scottata alla fiamma. Gli ingredienti, vengono amalgamati, posti in contenitori di forma rotonda e cotti al forno. Il dolce viene lasciato a riposo per un giorno e successivamente confezionato; ha durata molto lunga. Si tratta di un dolce di tradizione veneta, che veniva e viene usato spezzandolo con le mani e mangiandolo senza l’uso di posate.
Torta figassa – torta di fichi
Dolce da forno di forma rotonda, prodotto con farina gialla di mais, rossi d’uovo, fichi secchi macerati in grappa, burro, zucchero, farina 00, sale. I rossi d’uovo vengono impastati con lo zucchero e il burro, amalgamati con farina di grano tenero e farina di mais e con l’aggiunta finale di fichi secchi macerati nella grappa e tagliati a pezzetti; il composto viene inserito in apposite forme, cotto, lasciato raffreddare e confezionato, senza bisogno di particolari metodi di conservazione. Si tratta di un dolce di tradizione contadina, elaborato con ingredienti poveri, che si presume risalga al periodo successivo alla prima guerra mondiale.
Smegiassa
Dolce di cucina contadina prodotto con farina di mais, farina di grano, acqua di cottura del musetto, zucchero, miele, uva passita, fichi secchi, buccia di arancia, grappa, zucca arrostita in forno; nella pianura padovana sud-orientale in luogo dell’acqua di cottura del musetto vengono utilizzati i ciccioli di maiale; nella realizzazione attuale l’acqua di cottura del musetto o i ciccioli di maiale vengono sostituiti, in talune zone, con mele. Gli ingredienti vengono amalgamati e cotti in forno. Questo dolce affonda le sue radici nel Medioevo quando era preparata senza farina di mais e utilizzando melassa al posto dello zucchero. Nella tradizione cittadina al posto dei ciccioli veniva utilizzato lo strutto, mentre le attuali produzioni di pasticceria hanno eliminato anche questo in favore del burro.Da tempo immemore era uso che i frati della Basilica di Sant’Antonio offrissero ai poveri della città ed ai viandanti un pane che nel corso degli anni si è trasformato, a cura di maestri pasticceri della zona, in dolci particolarmente apprezzati.
Pan del Santo
Dolce da forno prodotto con farina di grano tenero tipo 00, uova, zucchero, mandorle, gocce di cioccolato, granella di amaretto. La forma tradizionale e caratteristica è quella di “ciambella”.
Dolce del Santo, Dolce Santantonio
Dolce da forno farcito con marmellata di albicocche, buccia d’arancio candita, pan di Spagna, marzapane di mandorle o granella di amaretti, il tutto avvolto in pastasfoglia; la sua forma particolare ricorda l’aureola posta sul capo di Sant’Antonio; è prodotto in formati da 70 gr (mignon), 400 gr e 700 gr. I prodotti vengono amalgamati, disposti a mano in vari strati con procedure codificate e particolare cura, cotti in forno, lasciati a riposare per un giorno e confezionati; la durata è di tre mesi senza particolari condizioni di conservazione.
Amarettoni di Sant’Antonio
Dolce da forno, tagliato a biscotto, composto da mandorle armelline, mandorle sgusciate e tritate, zucchero, canditi di arancia, albume d’uovo. L’albume dell’uovo viene montato a neve, vengono inseriti i canditi e le mandorle sgusciate, quindi lo zucchero, all’impasto viene data la forma di un grosso biscotto, viene cotto e fatto riposare per un giorno su teglie da forno; non necessita di stagionatura e per sua natura si presta alla lunga conservazione. La ricetta è tratta dal “Dolce del Santo”, del quale contengono gli stessi ingredienti. Gli amarettoni vengono prodotti a partire dal 1960 circa.
Merletti Santantonio
Pasticcino con uova, farina, burro, mandorle affettate e marsala. Gli ingredienti vengono amalgamati, all’impasto viene data forma di pasticcino, ricoperto con mandorle affettate e cotto al forno.
Per accompagnare le carni, specie il bollito, non può mancare il Cren (rafano), radice piccante consumata allo stato fresco grattugiata con aggiunta di mele oppure grattugiata e conservata in aceto, come accompagnamento a carni bollite. Il Cren è tuttora preparato anche in casa e si abbina perfettamente al Gran Bollito alla Padovana, piatto citato anche da Galileo Galilei come uno dei suoi preferiti. Si tratta di un bollito composto da un pezzo di manzo, testina di vitello, lingua salmistrata, l’immancabile gallina e, in stagione, anche da un “musétto”, cioè un piccolo cotechino di maiale.
Dai Colli Euganei si possono gustare anche il miele e l’olio Dop e, in stagione, anche ciliegie, castagne e marroni. Dal resto della provincia mele, pere, pesche, patate, asparagi e il radicchio rosso, rosa o variegato nelle varietà Castelfranco, Treviso, Tardivo, Chioggia e Verona.
Satolli ma pienamente soddisfatti, siamo pronti a correre allo Stadio Euganeo per tifare Salernitana
SEMPRE COMUNQUE ED OVUNQUE FORZA SALERNITANA
L’avvocato gastronomico Andrea Criscuolo
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